Tuesday, October 26, 2021

Papà

Scrivo questo post per pura scamaranzia. Non sono una persona superstiziosa, però mi preparo sempre per il peggio. Adam mi chiama pessimista, io invece credo di non esserlo. Semplicemente, preferisco prepararmi al peggio e poi provare sollievo, piuttosto che aspettarmi il meglio e poi restarci secca.

Mio papà non sta bene da mesi. È inappetente, infelice, stanco, stremato, e ha dolori ricorrenti alla fascia lombare. Quando l'ho visto a luglio non mi sembrava cosí male, a parte la spossatezza che non riusciva a scrollarsi di dosso, e che magari era dovuta in parte al caldo e in parte al poco nutrimento. A luglio era andato in pronto per una sospetta colica renale, e gli avevano trovato un trombo all'arterie renale, e un aneurisma all'arteria addominale, ma gli hanno dato medicine per il trombo e detto di tenere sotto controllo l'aneurisma.

Da quando noi siamo ripartiti le cose sono peggiorate. Mangia nulla, ha sempre dolore, ha sempre freddo e non riesce a fare due passi senza sfinirsi e doversi stendere. All'ultima eco hanno visto che l'aneurisma era cresciuto in maniera esponenziale e hanno deciso di operarlo. Alla fine sabato scorso è andato in pronto e l'hanno trattenuto per un'operazione d'emergenza per eliminare questo aneurisma. L'operazione è riuscita, ma il chirurgo ha notato altri problemi, soprattutto al cuore, che poi voleva approfondire. L'anestesia ha avuto effetti devastanti, con delirio che rasenta la pazzia, confusione che fa tenerezza, e una cattiveria nei confronti di chirurgo e infermiere, e soprattutto di mia madre. I problemi di respirazione sono cominciati ieri, ed è stato spostato in reparto medicina d'urgenza. Hanno detto che potrebbe avere una polmonite, e gli hanno fatto esami da cui è risultato un tappo di muco nei polmoni (o bronchi?). Hanno deciso di fare una broncoscopia per rimoverlo. Fatta procedura, chiamano mia mamma e le dicono che il tappo non c'è, e che ha una polmonite grave. Gli hanno dato un secondo antibiotico e adesso devono vedere come risponde al trattamento. Queste sono le ultime notizie che ho ricevuto. Mi sento inutile e impotente, lontana ed esclusa, e non riesco a calmare questo senso di perdita che mi attanaglia. Questo senso di eventi che stanno succedendo troppo in fretta, inaspettati, fuori dal nostro controllo. Ho paura, ho paura che succeda qualcosa di brutto e che io sia qua, lontana da loro. Ho paura di non essere pronta all'evenienza. Ho paura che, nonostante la mia scaramanzia, questa volta io non sarei preparata. Fino a ieri avevo paura per il dopo, per il ricovero, per gli effetti dell'anestesia, per quanto mia madre avrebbe dovuto fare e subire, senza il mio aiuto. Avevo paura che lui, il mio papà, si riducesse a una persona diversa, confusa e spaesata,  a cui serve l'aiuto di altri per vivere, e che avrebbe perso la sua dignità, che mia padre non avrebbe mai accettato. Adesso invece ho solo paura che lui non ce la faccia. Il suo corpo debilitato non ha le forze per affrontare questa operazione e una polmonite. Non sono pronta a non vederci più, a non parlarci più, a non discutere più, a non essere tornata a vivere vicino quando avrebbe potuto godersi il miei bambini. So che è normale sentirsi cosi, eppure non posso farci niente.

Non mentirò dicendo che lui è stato un padre meraviglioso, amoroso e presente. Non è stato cosí e mi è sempre dispiaciuto. Lui era un padre lavoratore, un padre severo, all'antica. Lui tornava a pranzo, mangiava e se ne andava, per tornare poi alle 8. Mangiava e poi guardava la TV. Non ricordo che giocasse con noi, anche se probabilmente l'ha fatto quando eravamo piccole, non ci ha mai aiutato a fare i compiti, mai portato alle partite di pallavolo, basket, etc, non è mai venuto alle nostre recite né ha mai conosciuto le nostre maestre o i nostri amici. Non abbiamo mai parlato liberamente, per paura di dire qualcosa di sbagliato, o di iniziare una discussione in cui non potevamo mai avere l'ultima parola. Abbiamo discusso tanto, ho pianto tante volte. Eppure... eppure. In qualche modo noi gli abbiamo sempre voluto bene. Sarà colpa dei baffi, ma ha sempre avuto questo potere per cui, non importa quanto ci facesse arrabbiare, alla fine a me finiva per fare pena, e non riuscivo a tenere il muso a lungo. Sarà per le storie della sua infanzia povera e triste, con un padre che era davvero non una bella persona, un brutto esempio per lui, che sembra assomigliarci sempre più. Mi faceva pena perché sapevo che lui figli non ne voleva, perché aveva paura di non essere capace a fare un buon padre, visto il suo. L'ha fatto per amore di mia mamma, quella stessa donna che adesso tratta male, e che sembra a malapena tollerare.

Nonostante tutto, lui c'è sempre stato. Non ci ha mai ferite fisicamente, non ci ha mai fatto mancare nulla, e ci ha insegnato l'educazione. Io sono quella che sono grazie a lui, i cui geni e valori ho ereditato. Abbiamo personalità simili, che mia mamma e mia sorella non hanno. Forse per questo io ero quella che lo capiva di più, o almeno si sforzava di più. Siamo perfezionisti, costanti, testoni e non molliamo mai. Abbiamo aspettative sempre troppo alte, soprattutto nei confronti di noi stessi, per questo non siamo mai soddisfatti di noi. In me questo si rivela nella mia insicurezza e convinzione di non essere mai abbastanza abbastanza brava, abbastanza bella, abbastanza in gamba, abbastanza intelligente, etc.

Nonostante tutto, mi ha regalato un'infanzia che ora reputo felice, e di cui ho nostalgia, e che vorrei regalare ai miei bambini. 

Per questo ti chiedo... non mi lasciare papà.

Wednesday, October 13, 2021

Il mio Cinquenne cresce

Tristan ha cominciato Kindergarten ad agosto. Qui e l’inizio della scuola dell’obbligo, e fa parte delle elementari, anche se il corrispettivo italiano e l’ultimo anno di scuola materna.

Ha dovuto cambiare compagni, maestre, e scuola, e visto che comincia alle 8 e finisce alle 2, ha anche dovuto cambiare abitudini. Si deve alzare presto per arrivare alle 7.40 (visto che abbiamo scelto una scuola in un altro quartiere, dobbiamo portarlo in macchina) e mettersi in coda e fare il “loop”, che e il percorso che le macchine che portano i bambini devono fare. Quando arrivano all’entrata I bambini scendono ed entrano. Chi li accompagna non scende, e se ne va.

Oltre al fatto che e Adam a doverlo portare e quindi ha dovuto cambiare orario di lavoro e si becca il traffico dell’ora di punta (l’asilo di Mati e vicino al mio ufficio, a sud, mentre la scuola di Tristan e a nord), il problema principale e stato cosa fargli fare dalle 2 in poi. La scuola offre il servizio di doposcuola (a pagamento), ma, cousa Covid, il personale e dimezzato, cosi hanno ridotto i posti disponibili. La registrazione e stata aperta proprio il 3 agosto, quando noi siamo ripartiti dall’Italia, per cui non siamo riusciti a garantirgli un posto. 

Piano B e stato trovare un posto al di fuori della scuola che offrisse lo stesso servizio. Ce ne sono tantissimi, ovviamente a pagamento, ma bisogna trovarne uno che serva la sua scuola, e vada a prendere i bambini col pullmino. E stato un processo stressante. Adam se ne e occupato personalmente, ma ha avuto poca fortuna. Il primo posto non ci e piaciuto, il secondo ci e piaciuto anche se era lontano dalla scuola, cosi lo abbiamo iscritto li. Il giorno dopo ci chiamano e ci dicono che no, hanno deciso che la scuola e troppo lontana e non offrono il servizio di pickup. Abbiamo dovuto trovare un’alternativa in poco tempo (la scuola cominicava il 18), e in realta era l’ultima possibilita. E un posto che offre anche classi di Taekwandoe, un posto pulito, vicino alla scuola (cosi non avrebbe dovuto passare troppo tempo sul pullman).

Il pensiero che il mio bambino di 5 anni dovesse prendere il pullman da solo per me era scioccante. Mi sembra davvero prematuro. Considerato che si sarebbe trovato da solo, senza una faccia conosciuta, in un posto nuovo, enorme, e avrebbe pure dovuto prendere il pullman giusto per recarsi in un altro posto nuovo e sconosciuto, mi sembrava davvero troppo per un cinquenne.

All’inizio Adam ha messo a tacere le mie preoccupazioni dicendo che qui i bambini crescono piu in fretta, che e una cosa positiva, che sarebbe andato tutto benissimo. Poi in realta ha iniziato a preoccuparsi anche lui. Sono riuscita a convincerlo ad andare a prenderlo in macchina il primo giorno, e portarlo a Taekwandoe in macchina. Solo che quel giorno e stato trattenuto in ufficio, cosi Tristan e uscito da scuola e ha preso il pullman da solo. So che la scuola sarebbe stata organizzata e non avrebbe permesso che un bambino prendesse il pullman sbagliato, pero era talmente tutto incasinato, che la scuola aveva il posto sbagliato in archivio, e non riusciva a cambiarlo, e noi siamo stati in ansia fino alle 3, quando non ho resistito e ho chiamato Taekwandoe per assicurarmi che fosse arrivato nel posto giusto. Mi dicono che il pullman non e ancora arrivato. Erano le 3.30 e lui usciva alle 2. Io ansiosa come pochi, sono riuscita a stento a trattenermi dall’andare personalmente a cercare il pullman per le vie della citta. Alla fine arriva, ma tardissimo. 

Adam era li ad aspettarlo e ha chiesto come mai fossero tanto in ritardo, gli dicono che la prima settimana e un po cosi, il pullman deve imparare la strada migliore, poi i tempi si accorceranno.

Tristan era un po intimidito dall’intero processo, ma lui e uno stoico, non lo da a vedere.

Adam pero e andato ad aspettarlo a Taekwandoe tutta la settimana, e la sua ansia e cresciuta. Prima Tristan ci ha detto che aveva aspettato il pullman per un sacco di tempo, fuori al caldo. Poi Taekwandoe ogni tanto non mandava il messaggino per confermare l’arrivo. Poi un giorno ha visto che, dopo la lezione, Tristan anziche tornare nell’ambiente del doposcuola, ha seguito gli altri ragazzi piu grandi che uscivano dall’edificio e nessuno se n’e accorto. Insomma non eravamo tranquilli e stavamo cercando soluzioni alternative. Poi, poco per volta le cose si sono sistemate un po’, e a lui Taekwandoe sta piacendo molto. Sta diventando piu agile e sicuro di se, e non sembra dispiacergli il tragitto sul pullman. Al doposcuola hanno calcio balilla, giochi vari, iPads, e cose da fare, mentre al doposcuola della scuola li mettono solo in caffetteria a colorare per ore. Quindi alla fine va bene cosi.

All’inizio non conosceva nessuno, era l’unico della sua classe a salire su quel pullman, e al doposcuola I ragazzini piu grandi monopolizzavano i giochi piu fighi, mentre lui si faceva maltrattare. Ora sembra che si sia trovato un equilibrio, e va tutto bene. Non dormendo piu al pomeriggio, la sera crolla in fretta. Non ci racconta molto, per farlo parlare dobbiamo fare domande a Matilde, allora interviene. Se le facciamo a lui, e tutto un “I don’t know, I don’t remember”.

Per me che sono una “control-freak” questo non sapere esattamente come passi le sue giornate e un grande problema. Finche non ci penso, vado avanti tranquilla. Torna a casa vivo e vegeto tutti I giorni, non e malmenato e sembra tranquillo. Se pero inizio a pensarci allora lo trovo davvero difficile, abituata com’ero a ricevere foto e messaggi dall’asilo. Il fatto di non sapere come sia fatto il parco giochi, di non conoscere I suoi compagni, di non sapere esattamente come sono divise le sue giornate mi da un enorme fastidio. Sara parte del vedere I proprio figli diventare grandi, e sentirli sfuggire senza poterli trattenere.

Sa scrivere il suo nome e fare lo spelling velicissimo ormai, questo l’ha imparato gia all’asilo ma il suo amichetto non lo sa fare per nulla quindi ho pensato che forse lo davamo per scontato. Non ha interesse a imparare a leggere, nonostante conosca tutte le lettere e i suoni. Appena vede che ci mette troppo, dice che non lo vuole fare.

Nonostante ciò, è un bimbo sveglio, e sa essere dolcissimo. Credo anzi che faccia lo svogliato solo a casa, ma che a scuola si impegni abbastanza. Sono curiosa di sentire i commenti della mostra al primo incontro.