Wednesday, February 19, 2020

Giornate azzurre

Mattinata impegnativa.
Dopo aver convinto Tristan a fare colazione (non voleva farla per “non sporcarsi i denti”) e averne buttata più della metà perche l’ho perso d’occhio un attimo e ha messo 13 biscotti nel latte e poi ovviamente non ne voleva più, in qualche modo sono riuscita ad averli entrambi pronti a uscire alle 8.16. Siamo già in garage, macchina aperta, borse dentro e stavamo per andare a prendere i fiori (sí perche il mio bambino tutti I giorni deve portare i fiori alle sue ammiratrici e alla maestra), quando la temutissima frase mi giunge alle orecchie:
“Mommy, I have to go poo poo and pee pee”
E cosa gli dici? No, tienitela? Sono sicura che pagherei caro per una scelta del genere. E cosi ho richiuso la porta del garage, e sono tornata dentro ad aspettarlo mentre lui faceva quello che doveva fare. Io mi son messa sul divano a pacioccarmi la mia bambina. 
“Mooommy, I’m dooone!”
Metto giù la pupa e vado in bagno per aiutarlo a pulirsi il deretano.
“I’m not done yet! I still got some”
“E allora cosa mi chiami?!?”
E torno in soggiorno dove lei intanto sta piangendo come se l’avesse mollata in una pozza gelata, anziché nel suo box.
Allora la riprendo e ne approfitto per andare a prendere i fiori cosi da poterlo ficcare in macchina nel momento stesso in cui ha finito. Ne prendo tre, accontentando le sue richieste, e li sistemo davanti, in macchina.
Mentre scrivo un messaggio al mio capo per dirgli che arrivero in ritardo (sono le 8.30), sento una boccata calda scivolarmi sul braccio. Vomito. Bianco, colloso e abbondante. Dico una parolaccia. Poi dico qualcosa di carino alla mia bimba, per compensare. Torno dentro per cambiarla mentre chiedo all’altro se ha finito, e di fare tranquillo che tanto devo cambiare Matilde perche ha vomitato.
“I NEED to see the vomit!!!” si mette a urlare, pronto ad abbandonare il gabinetto.
“You don’t need to see anything!!! Resta lí e finisci la cacca! (o sai dove te lo metto, il vomito!!” gli urlo di rimando, già temendo di vedermelo arrivare col culo al vento per ‘vedere il vomito’, manco fosse neve in Florida. Andiamo avanti a dibattere da una stanza all’altra sul bisogno o meno di vedere il vomito per tutto il tempo che impiego a cambiare Matilde.
Alla fine finisce, lo lavo, torniamo in garage e si stava giusto per sedere quando si ricorda dei fiori e fa per uscire. 
“Ho già preso i fiori, siediti, veloce”. 
“I want to see them!” risponde, cercando di uscire. Lo metto giù di forza e gli dico che li ho già presi e che se si siede glieli faccio vedere. “I want to see them now!”. Gli faccio gli occhiacci e gli dico che se non si siede immediatamente lo metto in punizione. Risponde con occhiacci ancora più minacciosi (che lo rendono ancora piu adorabile), e gli metto la cintura a forza. Accidenti sto bambino, se è forte. Sono tutta sudata dopo questa lotta. Torno a prendere Matilde, pregandola di saltare i tre anni a pie’ pari.
La metto in macchina, c’è silenzio totale. Faccio un respiro profondo e guardo l’ora. Poi, per scena, faccio finta di chiamare il mio capo per informarlo del ritardo, e faccio anche la voce mogia, come se mi avesse sgridato.
Partiamo nel silenzio completo e dopo un po’ Tristan mi fa qualche domanda. Tutto è normale, e sono sollevata che non sia arrabbiato. Nonostante me le facia girare a trottola ogni tanto, poi sto sempre male se sento che le ‘cose non sono a posto’.
Arriviamo a scuola e c’è la cerimonia dei fiori, dove lui distribuisce. Le bambine sono più di tre, quindi ovviamente si mettono a litigare e a strapparsi i fiori di mano a vicenda. Io cerco di andarmene alla chetichella sentendo gli sguardi di fuoco della maestra che adesso deve calmare gli animi, ma no, Tristan mi si attacca alle gambe stando proprio sulla porta e non si sposta, madonna com’è pesante sto bambino, sembra fatto di cemento! Alla fine lo spingo dentro con una gamba e cerco di intrufolarmi nella porta cercando di non far male alla bambina che ho in braccio, a non perdere la borsa che ho a tracolla, e a non far cadere il barachino che ho nell’altra mano. Sono libera!! Proprio in quel momento un papà arriva col figlio e apre la porta, così Tristan si intrufola ed esce di nuovo. Come ogni mattina mi arriccia le labbra per darmi un altro bacio (questo rito avviene in tutto almeno 3 volte), e io ai suoi baci non riesco a resistere, così mi chino mentre la borsa mi scivola dalla spalla e Matilde fa un altro vomitino perché per chinarmi le ho schiacciato la pancia.


Alla fine ci separiamo e porto lei, che piange non appena capisce che me ne sto andando via. Stavolta ero davvero di corsa così non sono entrata, anche perché postpone solo l’inevitabile, e quando sono uscita lei non piangeva più. Mentre uscivo Tristan mi ha vista dalla sua classe così gli ho fatto “I love you” nel linguaggio dei segni, per fargli capire che era tutto a posto. Lui mi ha risposto nello stesso modo, mi ha mandato un bacio, e la mia giornata è tornata azzurra.

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