Non mi piacciono gli addii. Né I saluti, né le partenze. Ho preso in questo da mia madre. Sin da quando sono piccola, ogni volta che si parte o si debbe salutare qualcuno, mi commuovo. Alla fine, ho realizzato che forse non sono io, ma è vedere mia madre piangere, che mi fa piangere. Anyway…
Pensavo di essere diventata più forte, una “dura”, quasi, piangevo di meno per un film drammatico, riuscivo a trattenermi se non ero sola, riuscivo a mantenere il controllo nelle situazioni a rischio commozione quando non sarei mai riuscita prima. La Cina, quest’esperienza, mi ha cambiata, e la relazione col Professore, norvegese-americano, composto, rigido, sicuro di sè, sempre controllato, nelle emozioni e in tutto, mi ha resa un pochino più come lui. E lui un pochino più come me. Siamo nel mezzo, adesso, non ci sono messaggini sdolcinati tra noi, non ci sono frasi mielose al telefono, è tutto molto pratico, nonostante si sia poi dolcissimi e coccolosi nel privato. Ma ora ogni tanto esce un “I want some cuddling”, e l’altro giorno ha persino usato 3 punti esclamativi!!! (forse non sapete che l’utilizzo dei punti esclamativi fuori dai paesi latini è considerato assolutamente superfluo e eccessivo).
Mercoledì mi sono ammalata, mi son svegliata con un mal di gola insopportabile che mi ha impedito di dormire per due notti di fila e mi ha tolto l’appetito e qualsiasi voglia di parlare (non facile), fino a giovedì dopo pranzo quando stavo gelando con 30 gradi e me ne sono tornata a casa con la febbre.
Lui mi ha chiamato chiedendomi se volevo cenare con lui e l’amico danese che si sposa a fine agosto e che viene qui ogni 4-5 mesi. Io gli ho detto di cenare tranquillo e che ci saremmo visti dopo, e lui mi ha detto che preferiva stare con me, quindi è venuto a cena qui. Mentre io tremavo sotto le coperte mentre guardavo Gilmore Girls lui si è fatto tutto il back-up del computer che doveva vendere, poi mi sono addormentata sul divano. E’ stato da me anche se stavo male e avevo paura di contagiarlo, poi al mattino è andato via per lavoro, e io dal dottore. Mi è stata diagnosticata una tonsillite acuta, ma venerdì stavo già molto meglio, anche se ho preferito non uscire. Ho persino fatto dei biscotti.
Mi ha chiamata per chiedermi di unirmi a lui per cena con lo stesso amico danese, e quando non mi ha sentita entusiasta mi ha detto che l’avrebbe fatto felice se fossi andata anch’io, così… cosa dovevo fare?
Abbiamo ricevuto un vero e proprio invito ufficiale al matrimonio, in una pochette di velluto rosso con sopra scritti I nostri due nomi a lettere d’oro (ve lo devo dire? Lui ha buttato la pochette che conteneva la scatolina nel primo bidone che ha visto, al mio urlo “Noooooo!!!!” lui tranquillissimo mi ha detto che non avrebbe buttato l’invito, di stare tranquilla, così ho dovuto dimenticare la prima volte in cui I nostri due nomi sono stati accoppiati), dentro c’era una scatolina lunga, e dentro una pergamena, il tutto bordeaux e oro. Figo. Mi dispiace un po’ non andare al matrimonio.
Comunque, ho fatto compagnia ai ragazzi senza mangiare niente (non ho assolutamente fame, non capisco), ma non è stata una buona idea perché hanno mangiato fuori e io stavo morendo dal freddo. Sulla strada di casa A. mi ha ringraziata per essere andata con loro, mi ha detto che anche se non avevo mangiato niente e avevo preso freddo l’avevo però fatto felice (??? what’s going on here????).
A casa poi stavo di merda. Non riuscivo neanche a respirare perché poi ingoiare saliva faceva malissimo. Ho dormito più o meno, e alle 7 è suonata la sveglia. Il giorno è arrivato.
C’era una cosa che avrei voluto dirgli negli ultimi giorni ma non ce l’ho mai fatta. Già due volte ultimamente, al ritorno dai bar il venerdì sera, mi tira fuori il discorso “lasciare la Cina”, e la seconda volta mi ha anche chiesto se io sarei disposta ad andare con lui, nel caso trovasse un’opportunità. Quando me l’ha chesto, però, non eravamo soli, lui era un po’ brillo, e mi sono rifiutata di prenderlo seriamente. Insomma, questa è una cosa seria, e volevo che me lo chiedesse come si deve.
Beh, domenica scorsa l’ha fatto. Eravamo al Kona, per un caffè, e mi cercava di dire come si sentiva, ma non trovava le parole. Quando le ho trovate io, per esprimere quello che provava, si è stupito che lo capissi così bene, e poi l’ha sparata. Mi ha detto che, anche se prima non avrebbe mai voluto vivere in Minneapolis, perché fa freddo troppi mesi, e perché voleva andare da qualche altra parte più calda e più cool, è arrivato al punto da averne talmente le palle piene della Cina e di certe cose qui, che sarebbe disposto, pur di andarsene, a prendere in considerazione qualsiasi città. E poi mi ha chiesto, se lui trovasse un’occasione negli States, se io andrei con lui o tornerei in Italia. Io mi sono limitata a fissarlo per un po’, senza saper cosa dire, mentre la testa mi girava, e alla fine mi è uscito un “No, I wouldn’t go back to Italy” balbettato. Insomma, I freaked out.
Avrei voluto dirgli che con lui andrei ovunque, ma che la cosa mi spaventa perché dovrei essere dipendente da lui, e questo potrebbe portare stress e problemi, e fights, e incomprensioni, e potrebbe rovinare la nostra relazione. Che mi spaventa che vivendo insieme lui scoprirebbe un sacco di cose di me che non sa e che non gli piacerebbero. Che non voglio che mi chieda di andare con lui solo perché sono la sua ragazza adesso. Avrei voluto dirgli che con lui sarei pronta ad andare ovunque, anche in Alaska, a una condizione: che lui voglia che io ci vada non perché al momento sta con me, ma solo se, anche se non mi conoscesse, anche se non ci fossimo mai incontrati, io fossi quella che lui vorrebbe incontrare. Solo se, anche senza sapere che io esisto, sono io quella che lui vorrebbe che fosse la sua ragazza. Non so spiegarlo, ma non importa. E poi mi dico che è stupido, che dovrei pensare di meno, che complico le cose, e che non è mai il momento buono per esprimere certi concetti, soprattutto quando si è malati e più sensibili e più a rischio pianto soprattutto se lui sta partendo.
Stamattina abbiamo preparto le ultime cose per il suo viaggio, poi lui mi ha abbracciata e mi ha detto “I’m gonna miss you… I’ll miss you a lot”, e mi ha detto che non voleva lasciarmi e non era felice, ma era contento di potersene andar via da qui per un po’.
Alla macchina, abbiamo ristretto I saluti al minimo. Solite cose, mi ha detto che mi chiamerà, gli ho fatto le mie raccomandazioni e poi gli ho detto di cercare opportunità perché, giusto perché lui lo sappia, andrei negli States con lui, se lui volesse. Lui ha sorriso, ha davvero sorriso, e mi ha detto “Well, let’s try to find an opportunity then”. Bacio veloce e via, ho girato I tacchi e son partita spedita verso casa. Ho sentito che stavo per piangere e a me paice piangere da sola e non vista.
Ma non ero diventata una “dura”? Un piantino me lo sono fatta, e mi son stupita. Non c’è motivo, è solo l’idea di stare lontani per 37 giorni. Mi manca già. Mi mancherà quando vedrò la sua casa vuota, mi mancherà sapere che posso anche non affrettarmi dalla palestra perché non ci sarà la possibilità che lui mi chiami per un film o per cena. Mi mancheranno le nostra chiacchierate, mi mancherà il suo faccione, mi mancherà addormentarmi con lui vicino che fa mille versi strani mentre dorme. Mi mancherà restare abbracciati sul divano ascoltando musica fino ad addormentarsi. Mi mancheranno le lezioni di cucina. Mi mancherà andare con lui a cercare I regali per le sue nipoti, ascoltare le telefonate con sua mamma or the little girls.
Ma sono felice, sono felice per quel sorriso quando gli ho detto che sono pronta a seguirlo. Sono contenta che lui sappia che può contare su di me nella sua vita, ovunque sia.
Domani alle 10 mi chiamerà, dall’altra parte del mondo.
Buon viaggio, Professore.